Sardegna: un itinerario sulle tracce di Eleonora d'Arborea

Dimenticate Grazia Deledda o Elisabetta Canalis. La donna più popolare e amata di Sardegna continua a essere lei, Eleonora d'Arborea. Non c'è paese o città dell'isola che non le abbia dedicato una piazza, una via, un monumento, una scuola.

L'Arborea era uno dei quattro Giudicati della Sardegna medievale; a metà del XIV secolo, grazie a Mariano IV, il padre di Eleonora, controllava quasi tutta l'isola ed era una spina nel fianco per il Regno d'Aragona, che aspirava a conquistarla. Alla morte del fratello, Eleonora divenne reggente per i suoi figli. Fu lei a guidare i Sardi nella resistenza orgogliosa agli Aragonesi, facendoli sentire per la prima volta un solo popolo. Diede loro anche la Carta de Logu, una sorta di codice, in cui stabiliva che il potere arrivava dal popolo, dava la libertà ai contadini e riconosceva alle donne vittime di stupro il diritto di scegliere se sposare o meno l'aguzzino per difendere il loro onore. Per i sardi, a 600 anni dalla sua morte, più di una regina.


A Oristano, la statua di Eleonora d'Arborea, in piazza Eleonora, (sin) e la torre di Mariano IV (des)

Di Eleonora sappiamo pochissimo: quando gli Aragonesi si assicurarono la Sardegna, venduta dall'ultimo degli Arborea per 100mila fiorini, distrussero gli Archivi Storici di Oristano, affinché i Sardi non avessero più memoria del proprio passato e accettassero il dominio dei vincitori. Tutto quello che si sa è dedotto dagli Archivi Storici dei Paesi che ebbero rapporti diplomatici con il Giudicato o dalle preziose testimonianze che di tanto in tanto si scoprono in conventi o archivi privati. Ma questo non impedisce di viaggiare nella Sardegna nord-occidentale, alla ricerca del le sue tracce.

Si parte da Oristano, che fu la capitale del Giudicato. Oggi è una cittadina di provincia dai ritmi lenti, affacciata sul suo stagno e a pochi km dal mare. Tutto in città ricorda Eleonora, anche se ben poco parla del suo passaggio. La piazza principale porta il suo nome ed è dominata da una statua che la immortala come legislatrice; ai suoi piedi, la Carta de Logu, aperta sul suo incipit: una pagina è scritta in sardo, quella accanto ha la traduzione in italiano. A poca distanza, il Duomo dalla facciata di pietra e l'interno troppo recente, in un contrasto un po' disarmonico, è stato forse la sua ultima dimora (non si sa dove Eleonora sia sepolta); continuando sulla via Duomo, in piazza Giuseppe Manno, una delle ingiustizie della storia agli Arborea. L'edificio dell'ex carcere sorge sull'antico palazzo dei Giudici andato distrutto nell'Ottocento. Consolatevi nella pasticceria Nino Vacca, una delle più amate e frequentate della città, sull'altro lato della piazza. Si torna all'età di Eleonora con le torri medievali di Mariano IV e di Portixinedda, monumentale la prima, simile a un nuraghe la seconda; sono le uniche testimonianze della cinta muraria medievale della città; sono visitabili, aperte nella stagione estiva e su appuntamento durante l'anno. Il gioiello di Oristano è però l'Antiquarium Arborense, il Museo Archeologico, che dà un'idea della ricchezza storica e culturale del territorio di cui Oristano fu capitale.


A Oristano: la bella facciata della Cattedrale (sin) e l'ex carcere, costruito sull'antico Palazzo dei Giudici (des)

A una decina di km da Oristano, c'è uno dei siti archeologici più importanti della Sardegna: Tharros, che fu fondata dai Fenici e abitata fino all'arrivo dei pirati saraceni. Stanchi delle continue incursioni, gli abitanti abbandonarono la città millenaria nel XIII secolo e si rifugiarono al di là dello Stagno, fondando Oristano. Ai tempi di Eleonora, dunque, Oristano era una città giovanissima e Tharros ancora il punto di riferimento della memoria collettiva. Si ritiene che la Giudicessa si muovesse continuamente nel territorio e che più che nella capitale abbia vissuto nella vicina Cabras, nel castello ormai scomparso. Ma un salto a Cabras, cittadina di stradine strette e case coloratissime, bisogna farlo. Il moderno Museo Civico Giovanni Marongiu conserva le statue di Mont'e Prama, misteriosi giganti frantumati in mille pezzi, come in un'antica damnatio memoriae; unico è anche il carico di una nave romana naufragata al largo del Golfo di Oristano, con i suoi lingotti di piombo, e poi tanti, tantissimi reperti da Tharros e dai siti archeologici nuragici dei dintorni. Consiglio spassionato, non visitate questa terra senza aver letto la descrizione storica, culturale, paesaggistica e affettiva che ne fa Michela Murgia in Viaggio in Sardegna.


A Cabras, reperti archeologici nel Museo Giovanni Marongiu (sin), una delle colorate case del centro  storico (des)

Lasciata Oristano, andiamo verso Nord e seguiamo Eleonora fino a Bosa, che fu il porto del Giudicato di Arborea, da cui partivano e arrivavano i commercianti; quante volte la Giudicessa o i suoi emissari lo avranno visitato in attesa di notizie da Barcellona, da Genova o dalla Francia? Sulla riva del fiume Temo, l'unico fiume navigabile della Sardegna, a 6 km dal mare, Bosa è un borgo coloratissimo, raccolto intorno al Castello dei Malaspina, costruito dalla potente famiglia toscana intorno al XII secolo; da lassù, anche una potente vista sui dintorni, fino al mare. Sulla riva meridionale del Temo, c'è il quartiere delle conce: la lavorazione delle pelli garantì il benessere della città nel XIX e XX secolo; un piccolo e prezioso Museo lo racconta. Attraversato il bel ponte di pietra (e sotto la tramontana, può essere un'impresa!), ci si perde nelle viuzze che portano verso l'alto, tra scorci, casette colorate e chiese a sorpresa (sconsigliatissimi i tacchi e buona fortuna con i trolley, dato l'acciottolato di pietre sporgenti). Sulla via principale, corso Vittorio Emanuele, i locali di ritrovo e il Museo Casa Deriu, che ricostruisce un appartamento dell'Ottocento bosano e ospita una mostra del più importante pittore locale Melkiorre Melis.


A Bosa: una vista del borgo, dominato dal Castello malatestiano (sin), e del fiume Temo (des)

Per continuare verso nord, inseguendo Eleonora, si prende la provinciale 105, ovvero la strada costiera verso Alghero. Il viaggio varrebbe la pena solo per questa straordinaria strada panoramica, tra scogliere, macchia mediterranea, torri spagnole, curve dolci verso l'entroterra della Planargia e ritorni lungo il mare, bellissimo e indomabile sotto la tramontana (il vento del nord è una costante, se, come ho fatto io, andate in Sardegna in primavera). Un paesaggio a scarsa presenza umana, incontaminato e selvaggio, una Sardegna da scoprire, tra mirti, lecci e ginestre, e lasciare com'è. Poi, dopo circa un'ora, appare Capo Caccia e Alghero è a pochi minuti.


Dall'autobus, alcuni scorci al volo della strada panoramica Bosa-Alghero

Città strategica, a lungo contesa tra Aragonesi e Genovesi (alleati degli arborensi) nel 1354, Alghero fu ceduta agli Aragonesi, che espulsero la popolazione locale sostituendola con i catalani. Da allora, avamposto degli invasori, fu sempre una spina nel fianco per gli Arborea. Oggi, i suoi bastioni sul mare costituiscono una bella passeggiata, irrinunciabile durante il tramonto sul mare di Capo Caccia (in primavera) e offrono una mostra di alcune delle armi di difesa usate durante gli assedi. All'interno del centro storico, la bella Cattedrale dell'Immacolata Concezione e la chiesa di San Francesco. Soprattutto, visitate il Museo del Corallo, un elemento prezioso del mare di Alghero, il cui commercio era stato già regolarizzato dalla stessa Eleonora; nelle sue vetrine, alcuni esemplari di grande fascino e molte opere d'arte. Vale la pena anche l'immancabile Museo Archeologico (non c'è città sarda che non ne abbia uno), con numerose testimonianze della storia millenaria di questo territorio, compreso il prezioso mosaico di una magnifica villa romana. La città moderna, fuori le mura, ha nei Giardini Giuseppe Manno uno dei suoi più importanti punti di ritrovo, con numerosi ristorantini, locali e bar sul suo perimetro, e in via Giuseppe Garibaldi, che ricorda un po' una rambla, il suo richiamo a Barcellona, che tanti secoli dopo continua a essere la città di riferimento.


Ad Alghero: il Museo del Corallo (sin) e una vista di torri e mura sul mare (des)

Da Alghero si arriva a Castelsardo in poco più di un'ora (in bus sono un paio d'ore, con coincidenza a Sassari). In passato si chiamava Castelgenovese, perché fondata dai Doria e sorta intorno all'imponente castello doriano, che domina ancora oggi la cittadina e la costa. È visitabile, conserva al suo interno il Museo dell'Intreccio Mediterraneo, che nelle sue sale mostra manufatti realizzati in diverse parti de Mediterraneo con l'inteccio delle fibre vegetali; un vero e proprio inno all'artigianato. Dal Castello, alcune delle migliori viste sulla costa settentrionale della Sardegna. E qui Eleonora si sente davvero: questi erano i panorami che ammirava lei, sposa di Brancaleone Doria. Un matrimonio politico, di lealtà politica, non necessariamente affettiva, che diede a lei i figli nel nome dei quali governò l'Arborea. Qui, a Castelsardo, passò i primi anni del matrimonio e della maternità, prima di essere richiamata a Oristano. Sulle scogliere di Castelsardo sono state girate le scene più spettacolari dell'ultima Sirenetta di Disney.

Da Eleonora ad Ariel. Un curioso e suggestivo passaggio per quest'itinerario sulle tracce della donna più amata di Sardegna.


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